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I Gosho sono gli scritti di Nichiren Daishonin.
Li troviamo sotto forma di lettere o trattati e il loro numero è di svariate decine.
Nell'edizione italiana sono raccolti in nove volumi, qui scaricabili integralmente.
Le lettere sono lezioni e incoraggiamenti inviati personalmente ai vari amici e discepoli.
I trattati sono insegnamenti o rimostranze al governo e ai reggenti di allora.
I Gosho costituiscono la base della dottrina buddista e anche un mezzo rapido ed efficace per ricevere risposte a problemi e a interrogativi personali.
Viene suggerito di leggerli ad alta voce come se fossero stati scritti a noi di persona.
Lo studio del Gosho è parte integrante e imprescindibile della pratica buddista e ne costituisce uno dei tre pilastri fondamentali (fede, pratica e studio).
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Recitare il Daimoku
Se avviciniamo il nostro cuore alla compassione di Nichiren, quando recitiamo Daimoku manifestiamo immediatamente la nostra natura di Budda. Il Daishonin dice che la felicità più grande è recitare Daimoku e usare la propria vita, ogni situazione della propria vita, per gli altri. Usando ogni situazione per gli altri scompare del tutto l'attaccamento al proprio desiderio. Facendo così si sta già mettendo in pratica la compassione di Nichiren, o il pensiero del Budda. È questo che dobbiamo realizzare nella nostra vita.
Quindi sono importanti il pensiero e la motivazione che ci spingono a recitare Daimoku, e le azioni concrete che compiamo nella vita quotidiana.
Ciascuno di noi riesce a pregare a seconda di quello che pensa, perciò bisogna sforzarsi di avere il cuore sempre più grande, il più possibile. Desiderare che tutte le persone, senza alcuna eccezione, diventino felici. L'efficacia della preghiera dipende da quanto è profondo e forte il desiderio della felicità delle altre persone, anche se è difficile, normalmente, pensare e agire per le altre persone.
«Non c'è felicità più grande per gli esseri umani
che recitare Nam-myoho-renge-kyo».
Nella frase che apre questo Gosho (Felicità in questo mondo, SND, 4,157) il Daishonin dichiara che il massimo della felicità che noi tutti stiamo cercando consiste nel recitare Nam-myoho-renge-kyo. Questa affermazione è sbalorditiva, al tempo stesso semplice estraordinariamente profonda, contenendo l'essenza dell'insegnamento di Nichiren. Ognuno di noi aspira alla felicità, e più o meno esplicitamente si comporta in modo da poterla ottenere, per lo meno cercando di avvicinarvisi. Tuttavia è estremamente difficile trovare qualcuno che si possa definire felice. Ciò dipende innanzitutto dalle illusioni su cosa sia effettivamente la felicità, cosa ci possa fare davvero felici e quali siano imezzi per ottenere questa condizione.
Dunque, recitare Daimoku è la strada per arrivare a provare questo tipodi gioia ma, ancora di più, è di per sé fonte di gioia. Di solito, all'inizio della pratica, si ritiene che il Daimoku sia soprattutto un mezzo per risolvere i problemi e realizzare i desideri, sottintendendo che è la presenza di problemi e desideri a costituire un ostacolo alla nostra felicità. Invece, approfondendo il punto di vista del Buddismo, si scopre che quella che deriva dalla realizzazione dei desideri è una felicitàr elativa in quanto "in relazione" con i fenomeni e dunque soggetta a continui mutamenti, mentre ciò che resta come felicità più duratura è il modo in cui si è arrivati al cambiamento: l'emergere di quello stato vitale fresco, disincantato, risvegliato, di quella forza e chiarezza che ridimensiona tutte le paure.
La felicità di cui parla il Daishonin è la felicità assoluta dello stato di Budda, che non viene influenzata dalle circostanze esterne poiché scaturisce direttamente dalla vita stessa.
Il Daishonin la chiama anche "gioia che deriva dalla Legge".
Questo tipo di gioia «noi la otteniamo e la proviamo in prima persona, dipende soloe unicamente da noi stessi. [...] La vera felicità non significa essere ora contenti e ora disperati. Vincendo la tendenza a incolpare dei propri problemi qualcun altro o qualcos'altro, lo stato vitale si dilata enormemente. [...] Quando si pratica il Buddismo con questa determinazione tutte le lamentele scompaiono e il mondo di Budda comincia a risplendere. A quel punto è possibile gustare liberamentetutta la gioia che deriva dalla Legge»
Per questo Nichiren spiega che
problemi e desideri non sono altro che un'occasione
per recitare Daimoku e
la felicità vera non è un effetto della pratica, ma la pratica stessa.
Se avviciniamo il nostro cuore alla compassione di Nichiren, quando recitiamo Daimoku manifestiamo immediatamente la nostra natura di Budda. Facendo così si sta già mettendo in pratica lacompassione di Nichiren, o il pensiero del Budda.
È questo che dobbiamo realizzare nella nostra vita, sono importanti il pensiero e la motivazione che ci spingono a recitare Daimoku, e le azioni concrete che compiamo nella vita quotidiana.
“Ogni cosa ha il suo punto fondamentale e il cuore del Sutra del Loto è il suo Daimoku, Nam-myoho-renge-kyo” (L'unica fraseessenziale, SND, 4, 238-239).
Secondo il Buddismo di Nichiren Daishonin Nam-myoho-renge-kyo è il nome della Legge che regola l'universo, la Legge di causa ed effetto.